Il film di famiglia

Diciamo la verità: la digitalizzazione ha creato dei mostri
Io credo che “Bisogna formare un Socialismo delle Immagini!” Cit.
Questa citazione l’ho sentita, anni fa, durante uno spettacolo di quel geniaccio di Antonio Rezza, lo spettacolo credo fosse Pitecus. Faceva questo soliloquio alla fine dello spettacolo come suo solito, mi fece ridere tantissimo. (a proposito se non lo conoscete vi prego di recuperare almeno questo pezzo che ha fatto nell’ultimo show di Funari per la Rai si chiama “Gidio“ed è un pezzo di rara bellezza. Insomma aveva ragione, bisognerebbe creare un socialismo delle immagini, oggi se ne creano troppe.
Partiamo da un dato di fatto incontestabile, con dall’avvento dei telefoni moderni creare immagini è alla portata di tutti. Non parlo solo di fotografie ma anche di video. Pensate a persone come me, relativamente giovani (sono nato nel ’76) eppure non ho video di me quando ero ragazzino. Mentre i bambini nati dopo il 2010 hanno già una enorme quantità di video in hd registrati sui telefoni dei loro genitori. Certo non stiamo parlando di video estremamente curati, magari, le inquadrature sono mosse incerte, ma ricordando anche la lezione di Roland Barthes (Link) sono immagini di valore, un valore che non ha prezzo in quanto umano, personale.
Da qui, mi è venuto in mente di proporre questo servizio. La creazione del film di famiglia che ho provato a raccontare con questo spot. Forse è anche la fase che stiamo vivendo, stando rinchiusi in casa ci siamo fermati a riflettere su quello che siamo e quello che siamo stati. Anche io l’ho fatto e approfittando del compleanno del mio secondo genito ho avuto modo di fare un po’ il punto, ritrovare dei ricordi, delle emozioni e fissarli in un video. Un file che resterà e farà parte della vita mia quando sarò più anziano e dei miei figli, quando non ci sarò più.
Il modo poi per realizzarlo può variare molto. Negli anni durante il corso della mia professione, mi sono sempre distinto per la ricerca di storie, di emozioni, di particolari importanti nella vita delle persone comuni.
Credo che ognuno di noi abbia una bella storia da raccontare, mi propongo quindi per trovare, insieme, la storia giusta per te!

 

 

 

Il cinema di Fincher

13 GIUGNO 2014

 

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IL CINEMA DI FINCHER…

Millenium, uomini che odiano le donne
di David Ficher
158 min. 2011

Per tutti coloro che non sanno nulla del pluripremiato libro di Stieg Larson o per quelli che non hanno nemmeno visto il primo film europeo, beh direi che l’hollywoodiano istant remake è una chiamata alle armi!

Vi do un brevissimo abbecedario di ragioni per cui recuperare subito questo film:

  • il video clip iniziale con la celeberrima Immigrant song dei vecchi dirigibili, reinterpretata da Trent Reznor e Atticus Ross.
  • Per capire la differenza che c’è tra un film qualsiasi ed una pellicola pensata per la sala cinematografica.
  • Per capire come sia possibile che un film così algido riesca a rimanere nella testa e nel cuore dello spettatore così a lungo.

Un vecchio grandissimo regista, Billy Wilder diceva che per sostenere l’attenzione dello spettatore per un tempo maggiore ai novanta minuti, devi essere un genio! In questo caso mi sono sentito come Alex (Clockwork Orange), attaccato alla poltrona con gli occhi sbarrati per più di 155 minuti. Qualcosa dovrà pur significare!
Il Millenium messo in scena da David Fincher, il seminale autore di Fight clubSeven, ma anche dell’antinarrativo Zodiac, è un giallo colorato con i toni del ciberpunk o forse semplicemente con il punk! Scrivere la sceneggiatura di un giallo, quando tutti o quasi sono a conoscenza di chi sia l’assassino è un compito piuttosto arduo, se non infame. Ma Steven Zaillian e regista spostano subito l’attenzione su elementi e personaggi poco battuti. Il giornalista di Millenium, Mikael Blomkquist, ormai economicamente rovinato per una causa persa e Lisbeth Salander. Quest’ultima è un frutto dolce amaro delle nuove generazioni, quelle che hanno più dimestichezza con bit e monitor piuttosto che con persone e realtà. Eppure è una che, come il magnifico e tenebroso generale Kurtz dI Apocalypse now, conosce la Verità, o perlomeno sa esattamente come procurarsela. É la classica punk con una vita difficile alle spalle, pirsing, tatuaggi e continua ricerca del dolore, come se fosse un modo per espiare colpe che in realtà, non ha. Ma inaspettatamente Lisbeth è una che ha metodo, determinazione ed un’inarrestabile energia interiore che la porta a superare le più aberranti momenti personali. Senza piagnistei, sfrutta questi drammatici risvolti a suo vantaggio, pagando un prezzo maggiore del preventivato. Ma reagisce anche a questa ingiustizia e con gli interessi. Tra i due si sviluppa una bella storia d’amore, a tratti persino tenera, nonostante l’ambientazione ostile, per temperature atmosferiche e per il contesto torbido della nobile famiglia Vagner. La loro storia d’amore però non nasce al di fuori dell’indagine, sembra come se questo sentimento viva e si nutra dell’indagine in una sorta di continuum autoriale con Zodiac, un film in cui il protagonista assoluto era l’indagine stessa. Ma la nostra Lisbeth è troppo coinvolta dai suoi sentimenti, non si accorge della realtà vanificando l’incredibile passaggio emotivo che chiuderà la sue esperienza e quindi il film stesso.

Insomma è un remake complesso ed elegante come fosse un oggetto di design.